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Spin me on the miles
Intervista di Filippo Caon a Marco De Gaspari
A luglio 2021 mi apprestavo a tentare, per la seconda volta, la traversata del Lagorai in meno di ventiquattro ore. L’idea di collegare un’intera catena montuosa in una sola giornata è una cosa affascinante e rappresenta perfettamente la mia idea di ultrarunning: un percorso logico e lineare che parte da un punto A e arriva a un punto B. Nessuna assistenza, se non qualche amico che cucina polenta sul percorso, e tante persone, migliori amici e sconosciuti, con cui condividere tante ore in montagna. Nei mesi precedenti avevo corso principalmente sulle scorrevoli forestali attorno a Trento, ma il Lagorai era tutto un altro ambiente. A meno di una settimana da quella data ero anche rimasto senza scarpe, e quelle che avevo usato nei mesi precedenti non le avrei volute avere ai piedi su quei sentieri. Alla fine, confrontandomi con Francesco Orrico e con Marco Gissi ho peso un paio di Scarpa Spin Infinity da Ercole, e mi sono presentato alla partenza avendoci corso sopra un’oretta sull’argine dietro casa e un’altra ora in ciclabile a Predazzo. Ho corso ventidue ore su una scarpa nuova e mai provata prima: sono stato fortunato; ma al di là della fortuna le Spin mi sono piaciute. Mesi dopo, ho provato (e consumato) un paio di Spin 2.0, che mi è piaciuto anche di più (per una ragione divertente, il paio su cui ho corso era la versione da donna).
Così ho chiesto ad Andrea Ercole se avesse un vecchio paio di Spin ‘1’ da testare (che non si chiamavano ‘uno’, ma è per intenderci) per scriverci qualcosa sopra. Poi ho fatto una telefonata a Marco De Gasperi per capire qualcosa di più della linea Spin e per sapere più dettagliatamente le modifiche che sono state fatte tra i vari modelli. Mi è costato un po’ di tempo in ricerca e approfondimento, ma mi sono divertito a scriverlo. Buona lettura.
Al tempo, la Spin sancisce l’ingresso di Scarpa nel mondo running, che anche oggi, a diversi anni di distanza, resta la serie su cui si identifica il calzaturificio di Montebelluna. La prima Spin ha tutte le caratteristiche di un modello minimalista che si adatta alla corsa di pochi: concede poco o nulla, ammortizza meno, ma è molto reattiva, leggera e veloce anche sul tecnico, con una tassellatura in Vibram Megagrip che è rimasta valida nel tempo. È la scarpa con cui si allena Ueli Steck, e con cui Davide Grazielli stampa il miglior tempo italiano a Western States nel 2017. La scarpa funziona, così l’azienda decide di allargare la fascia di mercato sviluppando un modello simile ma leggermente più strutturato, e con una calzata più comoda: nascono in fila prima Spin RS e poi Spin Ultra, che diventerà il modello più venduto dell’azienda nel settore trail. Con la Spin RS Scarpa introduce sul mercato anche un nuovo tipo di mescola, il Vibram Litebase, che diminuisce il volume della suola grazie a una struttura reticolare interna (almeno così l’ho capita io). Con questi tre modelli, affiancati da Neutron e Proton (che però hanno le ore contate) l’azienda arriva al 2019, quando Marco De Gasperi entra in Scarpa.
Durante i primi mesi di pandemia, mentre io me ne sto in casa a scrivere la tesi lamentandomi della mia periostite tibiale, il team di Scarpa sviluppa due nuovi modelli: Spin 2.0 e Spin Infinity.
La prima, come si intuisce dal nome, è l’upgrade della prima Spin, mentre la seconda è un nuovo modello dedicato alle lunghe distanze, che si affianca alla Spin Ultra. Quando chiedo a Marco perché abbiano deciso di mantenere in catalogo due prodotti che apparentemente appartengono alla stessa categoria mi risponde così: «Si è deciso di tenere la Spin Ultra e di sviluppare un nuovo modello che veniva richiesto sul mercato. La Spin Ultra andava bene per una atleta più evoluto, in grado di spingerla, ma quando si trattava di un amatore che aveva bisogno di tenere la scarpa ai piedi per molte ore diventava un modello troppo esigente. Anche la Spin Infinity è dedicata alle lunghe distanze, ma è più traspirante, più comoda sull’avampiede, e ha una rullata meno esigente. In più abbiamo cercato un compromesso sull’intersuola usando una mescola a doppia densità: ha una zona di supporto laterale, mantenendo all’interno un cushoning di media densità, su tallone e avampiede».
Ciò non significa però che sia una scarpa lenta o pesante: Aurelien Dunand-Pallaz ci ha stampato un secondo posto a UTMB e Daniel Jung ci ha vinto la Diagonale des Fous (a onor di cronaca, a braccetto con Ludovic Pomerret). È una scarpa tecnica, da montagna, protettiva e rigida, e non pesa molto (sul blog la avevamo già recensita, potete leggerla qui).
La Spin 2.0, invece, richiede qualche osservazione più tecnica. A un primo sguardo la scarpa sembra identica alla prima versione: i volumi sono leggermente aumentati, ha un look più attuale, ma è pressoché la stessa scarpa. Se poi iniziaste a stropicciarla con le mani vi accorgeste che è diversa anche la risposta di ceri materiali: è più protettiva, la conchiglia sul tallone ha più struttura, l’intersuola è più morbida ma in generale flette meno, soprattutto in torsione, evitando quell’effetto di ‘vado dove mi pare’ che aveva prima. Se ci fate qualche passo, infine, capite che è completamente diversa: Marco De Gasperi mi spiega che il vecchio modello utilizzava una mescola in EVA, mentre quello nuovo utilizza una mescola in Pebax, o meglio, un blended di EVA e Pebax. La differenza è che l’EVA dà più cushoning (ammortizzazione) e il Pebax più rebound (rimbalzo? Nah, facciamo ‘ritorno di energia’), rendendola una scarpa teoricamente più reattiva: ma il blended dei due materiali la rende anche più comoda, e molto. Per guidarvi nelle mie considerazioni, devo dire che personalmente preferisco le scarpe mediamente leggere, che non sono adatte a tutti; tuttavia, ho anche una predisposizione per certi infortuni e non posso esagerare con il minimalismo, e non mi piacciono le scarpe fascianti, insomma, se dico che è comoda potete fidarvi. Mi è anche capitato di trovarmi fuori città con un solo paio di scarpe e di essere costretto a eseguirci esercizi di velocità su asfalto: non è consigliabile, ma si può fare tranquillamente. Rispetto alle vecchie Spin, la forma delle 2.0 è leggermente più comoda e il famice (la larghezza della suola sul mesopiede) è stato allargato dandogli più stabilità. Infine, è stata tolta la piastra che c’era sul vecchio modello, che a parer mio non serviva a molto, e sono stati aggiornati alcuni dettagli, come la linguetta. Se ne avete la possibilità provatela – personalmente la userei anche in una 100 miglia.
Un ultimo consiglio, Marco mi ha accennato dell’uscita di un nuovo modello di Spin nella prossima primavera. Non sono ancora state diffuse immagini ufficiali, ma sono andato a sbirciarle ai piedi di Manuel Merillas, che le ha usate durante il record di ascesa del Monte Bianco dalla Via Ratti – trovate il video in rete.